A dimostrare la centralità del Paradigma Olocaustico nell'immaginario
contemporaneo,
è anche, intrecciata con la lotta al revisionismo
storico, la crociata condotta dal Sistema contro il "razzismo" .
Tra i percorsi legislativi più emblematici quanto alla duplice
repressione del pensiero, è quello francese. Invero, se già il Palazzo
di Vetro ha imposto agli Stati di recepire, dopo il delirio dei
Sacrosanti Human Rights, la repressione mondialista incarnata
dalla "Convenzione Internazionale sull'Eliminazione di Tutte le Forme di
Discriminazione Razziale" (aperta alla firma a New York il 7 marzo
1966 e recepita in Italia dalla legge 13 ottobre 1975 n.654) e se già
l'antesignano Israele ha posto il veto ad ogni olodubbio il 16 luglio
1986, il primo tra i paesi del Libero Occidente a introdurre nella
propria legislazione il crimine di revisionismo storico è la Francia.
(34)
A chiarirci le cose nel modo più limpido è infatti il presidente
socialista François Mitterrand, firmatario della legge 90-615 - alias
"Fabius-Gayssot" o anche solo "Gayssot", eponimizzata dai cognomi
dell'ebreo socialista Laurent Fabius e del goy comunista Claude Gayssot -
il 13 luglio 1990, vigilia della 201esima ricorrenza della Gloriosa
Bastigliese, coi ministri Rocard, Dumas, Arpaillange, Chevènement,
Tasca, Pierre Joxe e Jack Lang (i due ultimi, anch'essi ebrei). La legge
liberticida, progettata fin dal 2 giugno 1986 sulla falsariga della
legge Pleven del primo luglio 1972 (a sua volta impostata sul Decreto
Marchandeau del 24 giugno 1939), riceve inatteso vigore dalla Isteria
Democratica e dalla Mobilitazione Generale scatenate dopo che, nella
notte tra il 10 e l'11 maggio, era stato opportunamente profanato da
ignoti/immondi "nazisti" il cimitero ebraico di Carpentras, in Provenza.
Ideata sotto l'egida del Gran Rabbino René-Samuel Sirat da una cricca
formata dal mulatto Harlem Désir, dal bianco Jean-Pierre Azéma e
dall'ebraico quintetto composto da Hélène Ahrweiler, François Bédarida,
Serge Klarsfeld, Pierre Vidal-Naquet e George Wellers, la 90-615, pur
respinta due volte dal Senato, viene approvata dall'Assemblea in seduta
notturna il 29-30 giugno da 308 socialcomunisti, di cui 305 assenti (ma
con delega conferita ai tre presenti), contro 265 oppositori, di cui 263
assenti. I due unici oppositori presenti sono il deputato
liberalgollista Louis de Brossia e la rappresentante del Front National
Marie-France Stirbois (unico deputato del FN in virtù del sistema
elettorale maggioritario, malgrado il partito di Le Pen abbia raccolto
il 13% dei suffragi).
Senza pudore, l'art.9 suona: "Saranno puniti delle pene previste [... ]
coloro che avranno contestato, attraverso uno dei mezzi enunciati
all'art.23, l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità, come sono
definiti dall'art.6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale
annesso all'Accordo di Londra dell'8 agosto 1945 e che sono stati
commessi sia dai membri di una organizzazione dichiarata criminale in
applicazione dell'art.9 del detto statuto, sia da una persona
riconosciuta colpevole di tali crimini da un tribunale francese o
internazionale" .
Ancora non soddisfatti della repressione del pensiero ottenuta con
l'Oscenità Fabiusiana, a partire dal dicembre 1992 gli ebrei Charles
Korman (avvocato della LICRA) e Patrick Gaubert (incaricato dal ministro
dell'Interno Charles Pasqua della "lotta contro il razzismo e
l'antisemitismo" ) (35) vanno elaborando dispositivi legali ancora più
duri e restrittivi, che per il "crimine" di revisionismo non prevedono
più pene da un misero mese ad un anno di carcere, misere multe da 2000 a
300.000 franchi e sanzioni a favore di associazioni "antirazziste" , ma
le elevano a due anni di carcere e mezzo milione di franchi, oltre a
più dure sanzioni suppletive; per il 1995, "anno europeo
dell'armonia tra i popoli" - il delirio è del "belga" Arieh Doobov in The Jerusalem Report
del 20 maggio 1993 - è previsto il varo di un duplice piano contro
l'"intolleranza razziale" e il revisionismo storico da parte
dell'Europarlamento .
Nella primavera 1993 anche in Italia, prendendo a pretesto l'esistenza dei cosiddetti naziskin - superior stabat lupus, già
ammoni' Fedro - e le atrocità della lotta interetnica nell'ex
Jugoslavia, sulla scia delle leggi anti-revisioniste che imperversano in
Europa e sull'onda emotiva di fatti montati quali l'"aggressione
neonazista" a suon di benzina e sfregi denunciata il 15 aprile dal
cingalese Mohideen Nowfer (tosto precipitata nel dimenticatoio da ogni demo-maitre-à penser dopo
la scoperta che il cingalese le lesioni se le era auto-inferte per
attirare commiserazione dai benpensanti) , il Regime di Occupazione
Democratica approva un decreto-bavaglio. Immerso nella melma della
corruzione, timoroso delle crescenti reazioni popolari contro
un'immigrazione insensata e criminale, col pretesto di punire il
"vilipendio" , l' "incitamento all'odio razziale" e la violenza "di
stampo razzista" il governo del socialista Amato pone, in extremis prima
delle ingloriose dimissioni, le basi per punire col carcere fino a sei
anni ogni indagine storica "non conforme", in particolare ogni critica
al Popolo Santo.
Il terroristico decreto n.122 del 26 aprile 1993, convertito il 25
giugno nella terroristica legge n.205 "Misure urgenti in materia di
discriminazione razziale, etnica e religiosa", formalmente nato nel
cocuzzolo del sessantottin- socialista Claudio Martelli, conferisce
infatti dal 27 aprile 1993, giorno di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.97, poteri di repressione discrezionale pressoché illimitati non solo ai magistrati, ma anche direttamente agli organi di polizia.
Ciò in virtù della criminalizzazione del pensiero, dell'evanescenza del
vocabolo "discriminazione" (vedi la critica dell'ebreo Pierre-André
Taguieff, scettico sulla possibilità di trovare al termine un nucleo
semantico che lo definisca inequivocamente in riferimento alle infinite
situazioni percepite come "discriminatorie" ) e dell'assoluta vaghezza
precettizia. Con tale pronuncia legislativa il vero problema è
rappresentato dall'arbitrio riposto nelle mani di un qualsiasi
procuratore della repubblica e di un qualsiasi funzionario di polizia
che vogliano perseguire semplici esposizioni di idee contrarie alle loro
(compresa, ad esempio, come afferma nel settembre 2001 il già detto
ministro leghista Roberto Maroni, la necessità di adottare una corsia
immigratoria "preferenziale" per i figli e i nipoti degli italiani un
tempo emigrati), affermando che le stesse sarebbero fondate sulla
"superiorità" , sull'"odio" o sulla "discriminazione" razziale.
Criminalizzando, cioè, espressioni di pensiero fondate sul ragionamento,
sullo studio e sull'approfondiment o storico.
Le supreme finalità del democratico abominio vengono esplicitate
nell'anniversario della Liberazione Antifascista dal ministro
democristiano di Polizia Nicola Mancino (guidato nel percorso non tanto
dal Martelli, quanto dal caporabbino di Roma Elio Toaff e dal deputato
repubblicano Enrico Modigliani, ebreo, il vero artefice della legge).
Nessuno osi alzarsi contro il Bene del Mondialismo e le Bellezze del
Multirazzialismo: l'Europa e l'Italia devono svolgere il ruolo di
province dell'Impero, trangugiare anch'esse, volenti o nolenti giusta il
monito di James Paul Warburg, il boccone mortale.
Il 25 aprile 1993 concorda quindi Mancino (otto mesi dopo inquisito coi
tirapiedi del servizio segreto SISDE per una torbida vicenda di
sottrazione di fondi statali, poi defilatosi per un triennio, assurto
dal maggio 1996 al maggio 2001 a seconda carica dello Stato quale
presidente del Senato con il democristosinistro Romano Prodi, il
neocomunista Massimo D'Alema e nuovamente il mondialista ex-socialista
Giuliano Amato, infine addirittura favorito nella gara a Inquilino del
Quirinale nell'aprile 1999): "Siamo ormai una società che deve guardare
alla sovrannazionalità e alla multirazzialità ". Rimobilitato per
rinverdire l'Immaginario Partigiano, ribadirà il concetto, incitando al
liberticidio, il 25 aprile 2000: "Al razzismo riaffiorante si unisce un revisionismo che non ha alcun diritto di cittadinanza storica e culturale. Guai
se noi italiani esorcizzassimo, in nome di una presunta bonomia, i
fantasmi che agitano le nostre città. Guai se tollerassimo come semplici
ragazzate lo sventolio di simboli di morte" (corsivo nostro).
In parallelo Tullia Calabi Zevi, testé fatta decima "donna coraggio" dall'Associazione Nazionale Donne Elettrici di
Brescia (il 31 marzo, "nel salone varivitelliano di Palazzo della
Loggia, alla presenza del prefetto Antonio di Giovine, del sindaco Paolo
Corsini, di Flavia della Gherardesca, presidente nazionale dell'ANDE e
di Beatrice Rangoni Macchiavelli, presidentessa del gruppo attività
diverse dell'assemblea economica della Comunità Europea", giubila Shalom n.4/1993)
e "Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana"
dall'Inquilino del Quirinale Oscar Luigi Scalfaro su proposta del
presidente del consiglio Amato, presidentessa dell'Unione delle ventuno
Comunità Ebraiche italiane, rilascia benemerenze alla psico-polizia,
bacchettando i credenti nel libero pensiero: "La decisione del ministro
dell'Interno di chiudere le sedi dei gruppi naziskin è coerente con la
determinazione da lui sempre espressa contro tutte le tendenze eversive.
In democrazia è necessario vigilare contro tutti coloro che sono
contrari ai suoi princìpi" (sic!, "sono" e "princìpi", non: "compiono atti" criminali, a meno certo che per la Zevi siano crimini anche il pensare e discutere).
Già nella prolusione all'ANDE, del resto, la "donna coraggio" aveva
unito al monito antirevisionista l'istigazione repressiva invasionista:
"Un premio che cade in un momento particolare. Sono infatti trascorsi
cinquant'anni dalla fine della guerra e dai campi di sterminio nazisti, e
il passare del tempo comincia a sentirsi: il senso di colpa va
attenuandosi, si iniziano a negare gli orrori e vanno profilandosi
alcuni precisi segnali di pericolo per la convivenza civile; questi non
vanno ingigantiti ma su di essi bisogna attentamente vigilare.E' infatti
possibile arrivare all'accettazione del diverso solo mediante un lungo
lavoro di educazione e conoscenza, per il quale e nel quale le donne
possono avere un posto di primo piano".
Pochi mesi più tardi l'argenteocrinita maestrina - ripetiamo, il 13
agosto 1993 auto-candidata alla direzione pedagogico-pratica dei destini
europei spargendo veleno dalle colonne del Corriere della Sera: "Da
continente bianco e monoculturale l'Europa sta diventando multirazziale
e policulturale. Non è preparata. A noi tocca educare al pluralismo
religioso, etnico, politico e culturale" - reinfierisce contro
la ricerca revisionista del vero, trincerandosi dietro la formula "se il
mondo potesse essere convinto che Auschwitz non è esistita, una seconda
Auschwitz sarebbe più facile" (fantasie certo, anche se nel 1938 il
cassandrico padre antifascista "intuì che dietro l'adozione delle leggi
razziali c'era il progetto di sterminio. Via dall'Italia, dunque, prima a
Parigi, poi a New York. Tullia Zevi studiò, lavorò. Si guadagnò da
vivere suonando l'arpa nelle orchestre di Frank Sinatra e Leonard
Bernstein").
Si risaldano quindi, e nel modo più chiaro, questione democratica, questione ebraica e questione mondialista.
Ma tornando alla repressione mondialista della
Mancino, è obbligo rilevare che, come sempre, l'illuminazione viene da
God's Own Country . Prototipo di ogni liberticidio "antirazzista" -
dalle leggi francesi Marchandeau 1939 e Pleven 1972 all'italiana Mancino
1993 - è infatti l'americano Rafferty Act.
Varato l'8 aprile 1935 dal governatore Hoffmann del New Jersey,
esso, rileva l' "antisemita" Robert Edward Edmondson, da un lato aveva
praticamente abrogato l'art. 1 della Costituzione di quello stato, che
garantisce ad ogni cittadino la libertà di espressione, e dall'altro,
nonostante le enormi pressioni esercitate in sua difesa, era stato
dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema del New Jersey il 5
dicembre 1941: "Qualunque persona o gruppo che diffonderà un discorso
o dichiarazione, o deterrà allo scopo o con l'intento di distribuire,
cedere, far circolare esponendo, o per radio, alla vista di un'altra
persona, una dichiarazione, discorso, pronunciamento o cosa stampata o
ciclostilata, o emblema, fotografia, vessillo o bandiera che, in
qualunque modo, o in qualche sua parte, sia indirizzato a promuovere o
promuova o inciti all'ostilità, all'odio o alla violenza contro un
gruppo o contro persone residenti in questo stato - a cagione di razza,
colore, religione o modalità di culto, sarà condannato per crimine e
unito con una ammenda da 200 a 5000 dollari, o col carcere da 90 giorni a
tre anni". Sull'onda dell'euforia nata dall'effimero varo del
Raffer Act, il 9 gennaio 1936 il senatore ebreo Jacob J.Schwartzwald di
Brooklyn tenterà di introdurre nella legislazione dello stato di New
York, coi Bill n.163, un duplicato ancora più liberticida.
Il 24 giugno 1939 segue in Francia il Decreto
Marchandeau. "La legge che vietava gli scritti e le iniziative razziste
fu opera del Fratello Marchandeau" , esulta il massone André Combes,
ricordando che già nel 1870, all'epoca del contestato Decreto Crémieux
che dava automatica cittadinanza agli ebrei d'Algeria, "la Massoneria
francese era sempre stata un ambiente accogliente per gli ebrei .Le
logge reagirono positivamente, rinunziarono a chiedere l'abrogazione del
decreto, espulsero i pochi massoni antisemiti e fecero arretrare, così
dissero, I ' "idra antiebraica" ". Felice di rivendicare ai
confratelli la genesi della Marchandeau è anche Herbert Lottman: "[Già
nel dicembre 1939] il Consistoire [l'organizzazione centrale degli ebrei
francesi] si affrettò a creare un Gruppo israelita di coordinamento di
aiuti e protezione. Furono lasciate cadere le precedenti remore contro
le manifestazioni pubbliche e il Consistoire si dedicò a iniziative più
incisive, oltre a esercitare pressioni sul governo (che furono una delle
cause del veto, introdotto nell'aprile 1939, all'incitazione all'odio
razziale)".
Quanto alla Pleven, basata su: la Carta onusica del 1945, la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 10 dicembre 1948, la
Dichiarazione onusica del 20 novembre 1963 sulla "eliminazione di tutte
le forme di discriminazione razziale" e la Convenzione internazionale
del 21 dicembre 1965 concernente lo stesso soggetto, essa, scrive
Christian Lagrave, "ha segnato un grande progresso nell'asservimento del
popolo francese ai suoi padroni occulti", ponendosi a simbolo, aggiunge
Pierre Lassieur, della "fine della libertà di espressione" .
All'epoca la Pleven, varata dal destrorso governo Pompidou, passa
praticamente inosservata, anche in virtù della sapiente scelta di un
momento in cui la mente dei francesi è occupata nelle ferie estive
(altro artifizio, come quello che approverà la Fabius-Gayssot, è quello
di votare in seduta notturna, ove centinaia di deputati assenti delegano
il voto a un pugno di colleghi presenti), non provocando dibattiti né
proteste: "Coloro che avranno incitato alla discriminazione, all'odio o
alla violenza nei confronti di una persona o di un gruppo di persone a
motivo della loro origine o della loro appartenenza a una etnia, a una
nazione, a una razza, a una religione determinata, saranno puniti
con la reclusione da un mese a un anno e con un'ammenda da 2000 a
300.000 franchi. Saranno del pari puniti come correi in un'azione
criminosa o delittuosa coloro che con discorsi, scritti o minacce
proferite in luoghi o riunioni pubbliche, ovvero con pubblicazioni,
disegni, incisioni, dipinti, emblemi, immagini o qualsiasi altro
supporto della parola o dell'immagine messo in vendita, distribuito o
esposto in luoghi o riunioni pubbliche, ovvere con insegne o manifesti
esposti al pubblico, avranno incitato direttamente l'autore o gli autori
a compiere le suddette azioni, se tale incitamento ha prodotto effetti" (art. I; corsivo nostro). Chiarissimi gli intenti, non solo "antirazzista" e pro-invasionista, ma anche antirevisionisti: ad
esempio, avendo commentato che l'Olocausto si basa su un'odiosa
menzogna e una gigantesca truffa perpetrata anche a fini di estorsione
finanziaria, il 3 luglio 1981 il professor Robert Faurisson viene
condannato, a norma di Pleven, per "diffamazione e incitamento all'odio e
alla violenza razziale".
Ancor più, proponendosi di sradicare quanto più
completamente i "crimini" razzisti, il legislatore stima opportuno che
la ricerca, la segnalazione- denuncia e la traduzione dei "criminali"
davanti ai tribunali venga affidata a gruppi di delatori altamente
"motivati":
"Tutte le associazioni regolarmente registrate da almeno cinque anni
alla data dei fatti, che si propongono per statuto di combattere il
razzismo "o di assistere le vittime di una discriminazione basata sulla
loro origine nazionale, etnica, razziale o religiosa", possono
esercitare i diritti riconosciuti alla parte civile per quanto concerne
le violazioni previste dagli articoli 24 (ultimo comma), 32 (comma 2) e
33 (comma 3) della presente legge" (art.48/1; è per tale ragione che
infurieranno gruppi quali LDH, LICRA, MRAP e SOS-Racisme) . Rilevi il
lettore che le sole "scappatoie" leguleiche concesse dalla Pleven,
peraltro acutamente eliminate dalle Tre M, sono costituite
dall'aggettivo "determinata" (che nell'ottobre 1996 il progetto di
riforma del gollista Jacques Toubon, ministro della Giustizia di Alain
Juppé, cercherà di eliminare... tale aggravio della repressione sarà
impedito solo dalla mancata rielezione di Toubon nel giugno 1997) e
dall'inciso "se tale incitamento ha prodotto effetti".
Quanto ai veri autori dell'Infamia italica, stupenda l'impudenza del
Modigliani, presidente dell'apposito intergruppo parlamentare, in un
colloquio interebraico riferito da Shalom n.2/1994: "Ho
partecipato attivamente in Parlamento alla stesura della nuova legge
sulle discriminazioni etniche, razziali o religiose. Posso anzi dire che
la commissione che se ne è occupata ha recepito in gran parte le mie
proposte [in particolare, per l'estensione della repressione alle
"discriminazioni" compiute per "motivi religiosi", prima giuridicamente
meno incriminabili in quanto basate, ancor più delle altre,
sull'adesione a motivazioni di pensiero]. lo mi sono sentito
particolarmente impegnato su questo tema in quanto ebreo, ma i
parlamentari della commissione dal canto loro mi hanno riconosciuto una
certa maggiore competenza, se non proprio diritto, a trattare l'argomento perché riconoscevano che in quanto ebreo, con alle spalle tutta la storia ebraica, avevo il dovere di testimoniare e di prevenire e perché dobbiamo vaccinare la società contro ogni discriminazione nei confronti di qualsiasi diverso. Questo dovere non
può essere confuso con una autodifesa ebraica, in quanto oggi gli ebrei
non corrono nel nostro paese proprio alcun rischio, ma riguarda il
nostro rapporto con gli immigrati del terzo e quarto mondo" (corsivo
nostro).
Singolarmente, come l'opera del Modigliani diviene universalmente nota
come "la Mancino" - dal cognome del democristiano ministro dell'Interno,
poi assurto a presidente del Senato, cioè a seconda carica dello Stato
(il terzo autore dell'infamia è il socialista Claudio Martelli, ministro
di Grazia e Giustizia, che porta in dote alla legge la terza M) - così
la legge francese antirevisionista Fabius-Gayssot, varata dall'Assemblea
Nazionale il 13 luglio 1990, vigilia della ricorrenza della Gloriosa,
ed opera dell'ebreo Laurent Fabius e del goy comunista Claude Gayssot,
diviene "la Gayssot", concedendo i due classici piccioni con una fava:
sollucchero per i goyim, passati all'eponima Storia e all'eletta
Riconoscenza, soddisfazione per gli ebrei, defilatisi, a risultato
comunque ottenuto, dalla responsabilità degli osceni provvedimenti.
Il 23 marzo 1995 il combattivo sacerdote tradizionalista don Curzio
Nitoglia diffonde da Verrua Savoia un comunicato, non ripreso da nessun
organo della Libera Stampa Democratica: "L'Istituto Mater Boni Consilii e la sua rivista Sodalitium, assieme
a vari avvocati, magistrati e cattedratici, sta formando un comitato
per chiedere l'incostituzionalità della "Legge Mancino", in base anche
alla lettera dell'allora Ministro degli Interni, che alleghiamo, e ad
una intervista dello stesso onorevole Mancino al quotidiano l'unità (25
novembre 1992), nella quale affermava: "Siamo in Italia, la situazione
non è esplosiva, e dunque preferirei un disegno di legge. Sono però
sollecitato a scegliere il Decreto Legge". "Sollecitato" ! Da chi? E
anche questo che occorrerà appurare, mettendo in relazione l'intervista
del 25 novembre 1992 con la lettera del 20 giugno 1993". Poiché il
lettore già sa da Chi il Nostro fu "sollecitato" (e di quali "Paesi"
egli parli), ci limitiamo a riportare la lettera di don Nitoglia a
Mancino del primo giugno 1993 e la risposta del Nostro del 20 giugno
successivo:
"Onorevole Ministro, sono un sacerdote cattolico ed ho letto sul mensile ebraico Shalom (30 aprile 1993) un articolo sull'intervista che Lei ha rilasciato a Paolo Guzzanti de La Stampa ( 14 aprile 1993). In tale articolo Shalom scrive:
"Anche se Mancino non ha pronunciato la parola ebrei né Israele, la
descrizione della congiura giudaico-massonica non poteva essere più
chiara e palese" (pag.3). Nella lettera che Lei ha inviato alla signora
Zevi il 22 aprile 1993 (e riportata da Shalom) Lei scrive: "Mi
sono limitato a parlare di reazioni della Massoneria ...........alla
politica filo-araba.. ......... ...dell'onorevol e Andreotti.
Personalmente. ......... ... non trovo alcuna identità tra Massoneria e
finanza internazionale e mondo ebraico; non vedo perciò la ragione della
sua reazione" (Shalom, pag.3). Mi perdono se oso scriverle per
suggerirle che mi sembra lecito rispondere alla signora Zevi - con
pacatezza ed obiettività - che grandi autorità israelitiche e massoniche
hanno scritto esplicitamente del rapporto che esiste tra Massoneria e
mondo israelitico. Per esempio l'ex rabbino di Livorno Elia Benamozegh
ha scritto: "La teologia massonica corrisponde abbastanza bene a quella
della Càbala" (Israele e l'umanità, Marietti, Torino,
1990, pag.49). Bernard Lazare, noto scrittore israelita, ha scritto: "E'
certo che vi furono degli ebrei alla culla della Massoneria
............ ......... . degli ebrei cabalisti" (L'antisémitisme, Documents et témoignages, Vienne,
1969, pag. 167). L' ebreo convertito al cattolicesimo Joseph Lémann ha
scritto: "E' incontestabile che vi sia nel giudaismo predisposizione
alla Massoneria" (L'entrée des Israelites dans la société francaise, Avalon,
Paris, 1886 [1987], pag. 234). Potrei continuare a lungo con tali
citazioni, ma non voglio rubare il Suo tempo prezioso. Forse Lei ha
messo il dito nella piaga, ecco la "ragione della reazione" della
signora Zevi e della rivista Shalom, che si esprime in tali
termini riguardo alla Sua persona: "Uomini politici in preda ad una
sindrome dissociativa, visto che lo stesso ministro Mancino varava con
procedura d'urgenza la legge contro i Naziskin" (Shalom, pag.1).
Tale modo di esprimersi non mi sembra corretto, specialmente nei
confronti di un Ministro. Prego per Lei che il Signore le dia luce e
forza per vedere chiaro in queste vicende che tanto danno stanno
arrecando alla nostra cara Italia, culla del Papato e della Fede
Cattolica, sorgenti di ogni bene per il mondo intero. In Jesu et Maria".
risposta
"Gentile don Curzio, trovo molto coerenti con il mio pensiero le
opinioni da Lei manifestatemi con lettera dell'1 giugno a proposito
della polemica ShalomZevi ed anche altri nei miei confronti. Le buone
relazioni tra Paesi suggeriscono prudenza anche a un ministro che nel
merito aveva ragione. Grazie per le belle parole di solidarietà che ha
voluto indirizzarmi. Con molti cordiali saluti".
Quattro anni dopo, a fine novembre 1999, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche italiane Amos Luzzatto, mosso dall'affaire romano che vede una bomba-carta esplodere accanto al Museo della Liberazione e un secondo ordigno "antisionista" rinvenuto presso il cinema Nuovo Olimpia a "protesta" contro Un specialiste - Portrait d' un criminel moderne ("Uno
specialista - Ritratto di un criminale modemo" dell'israeliano Eyal
Siven, olodocumentario selezionato dalle 350 ore di riprese al
kidnappingato Adolf Eichmann), incita, tra una istintiva canea
politica-giornalist ica e ovviamente per contrastare il "razzismo", a
"intensificare gli interventi nelle scuole, organizzare incontri,
assemblee, sviluppare gli scambi culturali e rivedere la legge Mancino [in
senso più repressivo]. Ma quest'ultimo è mestiere dei nostri
parlamentari" (corsivo nostro). In parallelo, ineffabile
nell'improntitudine , quanto a "Uno specialista" , all'olo-"memorialis
tica" orale spielberghiana The Last Days, "Gli ultimi giorni", 1999 e alla fiction antineonazi American History X, id., di Tony Kaye, 1999, il commento di Ciak gennaio
2000: "Questo proliferare di film legati direttamente o indirettamente
all'Olocausto non è casuale, ma nasce da un identico senso di malessere e
da un cinema sano e socialmente utile: la necessità di salvaguardare la
memoria storica, di opporsi a un pericoloso revisionismo, l'urgenza di
fare i conti con i fantasmi dell'intolleranza e del nazismo che tornano a
manifestarsi nel nostro mondo".
(34) Specifiche leggi antirevisioniste varano l'Austria il 26 febbraio e
19 marzo 1992, la Germania il 28 ottobre 1994 ampliando l'art.130 del
Codice Penale (complessivamente, gli articoli dello STGB Strafgesetzbuch rivolti
a reprimere il "delitto di opinione" sono i nn.84, 85, 86, 86a, 90,
90a, 103, 104, 130, 131, 166, 185, 186, 187, 188 e 189), la Svizzera il
I' gennaio 1995, il Belgio il 23 marzo 1995 (all'obliqua legge del 30
luglio 1981 "tendant à réprimer certains actes inspirés par le racisme et la xènophobie" segue la più specifica legge "tendant
à réprimer la négation, la minimisanon, la justijication ou
l'approbation du génocide commi par le regime national-socialiste
allemand pendant la seconde guerre mondiale", che per tale
"crimine" infligge da otto giorni ad un anno di carcere), la Spagna l'l 1
luglio 1995, il Lussemburgo il 19 luglio 1997 (rifacimento
dell'art.457/ 3 del Codice Penale, che colpisce col carcere da otto
giorni a sei mesi o con ammenda da 10.000 a un milione di franchi "chi
contesta, minimizza, giustifica o nega l'esistenza di uno o più crimini
contro l'umanità o crimini di guerra, come definiti nell'art.6 dello
statuto del Tribunale Militare Internazionale [... ] e compiuti da un
membro di un'organizzazione dichiarata criminale dall'art.9 dei detto
statuto o da altro individuo, dichiarato colpevole di un tale delitto da
un tribunale lussemburghese, straniero o internazionale" ) e la Polonia
nel gennaio 1999. In Canada e in Australia reprimono il pensiero, più
subdole, le Human Rights Commissions, dotate di poteri
quasi-tribunalizi. In Inghilterra, Italia (a parte un tentativo,
abortito, di varare una legge-museruola da parte del primo governo
berlusconico nell'autunno 1994), Cechia, Svezia ed Olanda un residuo
pudore vieta, per ora, formule di tale brutalità. Anche se alla bisogna
intervengono, disinvoltamente riesumate, norme "antifascio- razziste" ,
"antisobillazione" o "antidiscriminazion e": in Albione il Publie Order
Act del 1986, nella Penisola la Legge delle Tre M, a Praga gli articoli
198a e 260 del Codice Penale, a Stoccolma l'art.8 del XVI capitolo del
Codice Penale, in Tulipania l'art. 429/4 del Codice Penale.
35) Patrick Gaubert, dentista, nato nel 1948 a Parigi XVI da Ancial
Goldenberg di Craiova /Romania, è marito di Eliane Frenkel, ereditiera,
immobiliarista e amministratrice degli Etablissements Frenkel, casa di produzione e vendita di tessuti e indumenti, il cui padre Harry è primario importatore "francese" di jeans. Ispiratore del ministro dell'Interno balladuriano Charles Pasqua in quanto "chargé de mission pour la lutte contro le racisme et l'antisémitisme" , l'ex-Goldenberg,
è membro d'onore del Mossad e boss della LICRA, della quale nel 1999
diviene presidente subentrando a Pierre Aidenbaum. Presidente del gruppo
DAVID Décider et agir avec vigilance pour Israél et la Diaspora, è tra i più feroci militanti sionisti, antirevisionisti e invasionisti.
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