Palermo. Colui che firmò la legge Mancino.
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/02/10/news/mancino_in_aula_bunker_con_la_trattativa_non_c_entro_niente_-157983700/?ref=HREC1-25
Dice di essere stato sempre uno dei più
convinti sostenitori del carcere duro (“Fu l’allora ministro della
Giustizia Conso in assoluta autonomia a decidere la mancata proroga del
41 bis per 140 mafiosi, come lui stesso ha sempre detto”). Nega di aver
mai saputo dal ministro Martelli del dialogo segreto fra i carabinieri e
Vito Ciancimino (“Non mi parlo’ dei comportamenti del Ros” e ancora:
“Nessuno, dico nessuno, mi ha mai parlato di Ciancimino”). L’ex ministro
dell’Interno Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza nel
processo “Trattativa Stato-mafia”, chiede alla corte d’assise di fare
una lunga dichiarazione spontanea. Prima, pero’, il presidente Alfredo
Montalto gli chiede se consente ad essere sottoposto all’interrogatorio
chiesto dai pubblici ministeri. “Non acconsento”, dice Mancino. E inizia
il suo monologo nell’aula bunker dell’Ucciardone.
Mancino, che siede accanto a uno dei suoi legali, Massimo Krogh,
ripercorre gli incarichi in tanti anni di carriera politica, poi
ribadisce il suo impegno contro le cosche. In un passaggio ripercorre le
intercettazioni con l’allora consigliere giuridico del presidente della
Repubblica, Loris D’Ambrosio, quelle in cui parlava dell’indagine di
Palermo. “Nulla si rileva di irrituale nelle conversazioni”, taglia
corto. “Ignaro di essere intercettato ho sempre detto al dottore
D’Ambrosio che nè Scalfaro, nè Parisi mi hanno mai parlato di
ammorbidimento del regime del 41 bis”.
Mancino attacca poi il superteste della procura Massimo Ciancimino, oggi
presente in aula nelle veste di detenuto: “Avevo già inviato alla
procura di Palermo una denuncia querela per il reato di calunnia e falsa
testimonianza. Silenzio dagli uffici”. L’ex ministro dell’Interno
bacchetta anche l’ex pm Antonio Ingroia: “Solo lui, oggi avvocato, potè
temerariamente sostenere che la sua attendibilità sarà dalla procura
valutata di volta in volta… mi limito a fare presente che Massimo
Ciancimino ha dichiarato più volte che suo padre gli aveva confidato che
della trattativa Mancino era a conoscenza. Mente”.
Mancino ritiene di essere rimasto vittima di “calunnia e millantato
credito, a Riina qualcuno avrà pure fatto il mio nome. In mancanza di
certezze probatorie è stato alimentato un teorema fondato sull’assoluta
assenza di prove”.
LA REPLICA DI INGROIA
"L'ex ministro Mancino definisce temeraria la mia tesi secondo cui
l'attendibilità delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino va valutata
caso per caso, a seconda se le dichiarazioni sui singoli fatti siano
state o meno riscontrate. Sul punto mi limito a ricordare che la
cosiddetta attendibilità frazionata di testimoni e collaboratori di
giustizia è stata più volte autorevolmente ribadita dalla Cassazione".
Ingroia rilancia: "Continuo invece a ritenere davvero temeraria, o
meglio spudorata, la pretesa di Mancino di essere creduto quando dice di
non ricordare di avere incontrato e stretto
la mano a Paolo Borsellino perché non lo conosceva 'fisicamente', visto
che l'incontro è avvenuto il primo luglio 1992 quando era ministro
dell'Interno e le foto di Borsellino erano sulle prime pagine di tutti i
giornali nel momento in cui, a poche settimane dalla strage di Capaci,
era considerato il naturale successore di Falcone e vittima predestinata
ad essere uccisa della mafia, come puntualmente accadde poco dopo".
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