Istigazione all’odio razziale, condannato chi condivide post antisemiti
I like e la condivisione di post sui social network fanno lievitare il rischio di diffusione delle idee negazioniste. Il danno non è mai di lieve entità
La norma che consente di restare impuniti per la particolare tenuità del fatto non è applicabile ai leoni da tastiera che aderiscono al pensiero di una comunità che sui social nega la Shoah. Un appoggio dato attraverso la condivisione o i like sui post antisemiti. La Cassazione ha così confermato la condanna per il reato di istigazione all’odio razziale, a carico di un simpatizzante di un gruppo neonazista. Il ricorrente non era stato considerato un adepto della compagine amante della svastica.
I like e la ricondivisione dei post
A finire nel mirino dei giudici era stata piuttosto la sua attitudine a ricondividere contenuti già pubblicati da esponenti di rilievo del gruppo neonazi, oltre a rinvii e citazioni agli scritti di Robert Faurisson Aitken, saggista noto per i suoi lavori negazionisti dell’Olocausto. Gettonati dal ricorrente anche alcuni precetti di David Lane, teorico statunitense della resistenza bianca, che ha coniato gli “Ottantotto precetti”: una raccolta di 88 leggi seguite da neonazisti e sostenitori del potere bianco, utili a salvare la supremazia della razza ariana. Sui social postata anche una foto della prima pagina della rivista L’Espresso con il titolo «I nazisti tra di noi», in cui veniva trattata dal punto di vista giornalistico l’attività di indagine sul gruppo che si ispirava al nazionalsocialismo, accompagnate da commenti di altri soggetti, che “svelavano” come anche l’attenzione mediatica sia solo il risultato di un complotto sionista.
La Suprema corte avalla la condanna della Corte d’Appello che, nel confermare il giudizio di responsabilità, aveva ricordato che se «non integra il delitto di propaganda lo scambio privato di messaggi o e-mail, in quanto privi del requisito necessario della diffusività, lo integra invece la pubblicazione su social network di materiali di chiaro contenuto negazionista o discriminatorio»
Negata anche l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del Codice penale. La non punibilità è da escludere perchè «la condotta dell’imputato (negazione dell’esistenza delle camere a gas, dell’uccisione sistematica degli ebrei e dell’autenticità del diario di Anna Frank, oltre alla condivisione di alcuni dei cosiddetti 88 precetti) ha arrecato al bene tutelato un danno di consistente entità, considerato anche il mezzo di propaganda prescelto, dotato di capacità diffusive potenzialmente incontrollabili.








